La perdita dei denti genera una modifica anatomica dell’osso alveolare che richiede il ricorso a pratiche di riabilitazione orale con l’utilizzo di impianti endossei. Tuttavia, condizioni sfavorevoli possono portare ad insufficiente dimensione ossea verticale/orizzontale fino a compromettere l’inserimento di impianti endossei e il risultato estetico.
La rigenerazione ossea guidata (GBR) è una tecnica chirurgica che utilizza membrane e materiali di riempimento per ricreare un’adeguata rigenerazione del tessuto osseo mancante, al fine di inserire impianti endo-ossei in un adeguato volume osseo che circondi completamente tutta la superficie implantare, e in una posizione ottimale per la successiva riabilitazione protesica. La rigenerazione ossea guidata si avvale dell’utilizzo di dispositivi barriera (membrane) sia riassorbibili che non riassorbibili, il cui compito è creare e mantenere sotto di essa uno spazio di rigenerazione protetto entro il quale l’innesto creato godrà di una concentrazione locale di fattori di crescita ossea fino al completamento della stessa.
La membrana ideale deve essere biocompatibile, in grado di coprire il difetto mantenendo lo spazio creato, stabilizzare il coagulo o il materiale da innesto sottostante, permettere una guarigione corretta e impedire la crescita di tessuto connettivo (che tende a svilupparsi più velocemente del tessuto osseo) all’interno del difetto.
I ricercatori del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale insieme ai colleghi del Dipartimento di Ingegneria presso l’Università di Firenze e al team di CreaMED hanno condotto uno studio comparativo tra due tipologie di griglie di rigenerazione, in lega di titanio (Ti6Al4V) utilizzata tradizionalmente e policaprolattone (PCL) stampato 3D, presentato presso la 77° edizione del Congresso della Società Italiana di Anatomia e Istologia.
L’obiettivo dello studio nasce a seguito di un’osservazione clinica: le GBR eseguite con mesh al titanio prima o poi tendono a scoprirsi della mucosa del cavo orale che va incontro a riassorbimento. Il tessuto mucoso medio-crestale è avascolare per cui la prima incisione e successivamente l’applicazione del carico possono portare a necrosi del tessuto.
Questa condizione si verifica nel 30-50% dei casi anche ricorrendo a una migliore tecnica chirurgica. La presenza di una mesh di materiale rigido si presuppone essere la causa di questa condizione, per cui si è scelto di ricorrere al PCL (materiale bioriassorbibile, già utilizzato in ortopedia) e che si è osservato avere una elasticità simile alla mucosa orale.
All’interno dello studio sono state testate le prestazioni meccaniche di queste due tipologie di mesh al fine di evitare la condizione di fallimento.
Sono state prese in esame mesh a struttura planare con due diversi spessori (0.8 e 0.2mm), dimensioni 10x30 mm e ampiezza dei fori pari a 23mm2, sulle quali sono state impostate opportunamente le analisi agli Elementi Finiti (FEA). Le griglie in PCL e TI6Al4V sono state considerate linearmente elastiche, omogenee e isotropiche, con condizioni la contorno applicate sui lati corti e carico applicato assialmente con un punto sferico di 10mm di diametro da 130N a 10mm/min.
A seguito delle simulazioni in FEA, sono stati effettuati test in vitro su 15 mesh (di cui 10 di PCL e 5 di Ti6Al4V). In collaborazione con CreaMED le mesh in PCL sono state stampate 3D con tecnologia FFF e definiti i parametri di stampa ottimali. Successivamente i I campioni sono stati preparati opportunamente e sterilizzati per identificare eventuali variazioni di carico.
I test meccanici sonno stati effettuati con una macchina MTS 810 nelle medesime condizioni delle simulazioni in silico con l’applicazione del carico fino alla frattura della struttura.
Dai risultati ottenuti si è osservato che la rottura delle mesh in PCL sia non sterilizzata che sterilizzata si è manifestata a valori di carico molto vicini e leggermente superiori per le prime, mentre il valore è stato il doppio nel caso delle griglie in Ti6Al4V. Si è riscontrato quindi che i valori di rigidezza del PCL sono inferiori a quelli del Ti6Al4V e comparabili a quelli della mucosa orale riportati in letteratura.
Lo studio ha confermato che la mesh in PCL rispetto alla tradizionale in lega Ti6Al4V risponde perfettamente alla richiesta di una elasticità comparabile a quella del tessuto mucoso, tale da prevenire il suo riassorbimento e conseguente fallimento della riabilitazione ossea.
Dallo studio emerge che l’utilizzo della mesh in PCL potrebbe evitare il presentarsi di queste problematiche e imporsi come il miglior candidato per la terapia GBR, grazie anche alla bioriassorbibilità del materiale e al vantaggio di ricorrere a una tecnica di produzione come la manifattura additiva (AM) che riduce notevolmente tempi e costi del processo, garantendo la massima flessibilità nel realizzare strutture con geometrie complesse e fedeli al sito anatomico.
Dati i risultati positivi nei prossimi mesi sono previste analisi su mesh tridimensionali anatomiche con colture cellulari di osteoblasti per verificare eventuale tossicità o inquinamento cellulare da nanoplastiche derivate dalla sua degradazione, fino a proseguire con studi in vivo su animale e su umano.